Ad ARLES 2018: Les Rencontres De La Photographie

Faccio un po' d'ordine dopo il ritorno delle vacanze e con la mente vado indietro di alcune settimane.


Quest'anno abbiamo deciso di farci un giro in Bretagna, ma prima di andare a vedere le coste e farci immergere dalla natura, abbiamo voluto fare una tappa ad un festival di fotografia che più di qualsiasi altro sa arricchire sia a livello visivo che di contenuti.
A Les Rencontres de La Photographie ci ero già stata 4 anni fa - QUI il post del 2014 - e mi aveva già conquistata per la qualità e l'accurata selezione ed anche quest'anno mi ha lasciato una grande ricchezza  interiore.


In questa edizione ho notato un grande focus sul piano politico, dovuto sicuramente al clima attuale, tra la questione migranti e uno spostamento ideologico mondiale verso una destra xenofoba e fascista.
In molti esposizioni era chiara l'attenzione dei fotografi nel far vedere un'altra America, non quella rappresentata da Trump, ma quella fatta di differenze, della vita ai margini e delle differenze socioeconomiche.
Bella l'attenzione rivolta ai 50 anni del 1968, un tema a cui sono particolarmente legata, per via della ricerca che avevo fatto per la tesina delle scuole superiori, per cui mi sono sentita molto coinvolta  dalle urla dei manifestanti, che si sentivano durante il percorso, dalle foto dell'epoca, dai manifesti e dagli slogan. Il '68 dovrebbe essere d'ispirazione per questo momento storico. Manca quell'ideologia e quella voglia di lottare e cambiare.


Avevamo un solo giorno, per cui non è stato possibile, ahimè, vedere tutto quanto,  ma mi fa piacere condividere la ricerca di alcuni/e fotografi/e che ho visto e che, a parer mio,  merita conoscere.


Bellissimo ed inquietante il suo progetto "The Potëmkin Village",  dedicato a quelle città fittizie costruite in Europa, in USA, in Russia e in Cina, dove poter testare veicoli oppure o che sono dei centri per l’addestramento militare negli Stati Uniti o ancora per replicare delle città europee in Cina.
Il fotografo austriaco Sailer ha preso spunto da una storia che narra che il principe Grigorij Aleksandrovič Potëmkin fece costruire lungo le rive del Dnepr per impressionare Caterina II di Russia, che nel 1787 si trovava in viaggio in Crimea, uno dei territori appena conquistati dall’Impero Ottomano. Per risparmiarle la triste realtà di quelle zone, Potëmkin fece erigere delle finte facciate di palazzi, sostenute da travi.
Impressionante trovare una città costruita su un modello di una città irachena immaginaria nel deserto del Mojave in California . Con tanto di Moschea e negozietti arabi.




A COLLABORATIVE PERSPECTIVE

Molto toccante tutta l'esposizione presso la  MANUEL RIVERA-ORTIZ FOUNDATION,
dedicata a una fotografia che documenta la realtà delle migrazioni, dei rifugiati e dei diritti umani.
Bello il fatto che hanno voluto dare spazio a fotografi che non sono solo autori e testimoni dei fatti, ma che diventano anche attori, utilizzando tutti i mezzi a loro disposizione per poter comunicare un loro pensiero: dalla fotocamera allo smartphone, dal libro d'artista alla collezione Instagram.
Interessantissimo ogni progetto.
Erano presenti i lavori di: Arnaud Chambon, Chin-Pao Chen, John Hall, Nicolas Havette, Omar Imam, Thomas Lang, Patrice Loubon, Dmitry Markov, Manuel Rivera-Ortiz, Matthias Olmeta, Samir Tlatli, Paolo Verzone, Patrick Willocq.


Toccante le grandi foto di Patrick Willocq con i salvagenti dei migranti

Matthias Olmeta
Paolo Verzone

TODD HIDO
Una meraviglia i ritratti e i paesaggi dell'americano Todd Hido.
Poche parole da aggiungere, ma ammirazione totale!





ANN RAY

Da esteta, da amante dei bianchi e neri dai grandi contrasti e dalla fotografia d'arte, non potevo non rimanere affascinata dalle foto di Ann Ray dedicate al mondo dello stilista Lee Alexander McQueen, morto suicida nel 2010. Uno degli stilisti più particolari in assoluto e che con il suo stile ha cambiato il futuro della moda. Le sue erano vere e proprie creazioni d'arte. 
Un ritratto di McQueen veramente bellissimo, ne sono rimasta veramente incantata.






JONAS BENDIKSEN

Il progetto "The Last Testament" è impressionante, non credevo esistessero realtà di questo tipo.
Il fotografo della Magnum ha ritratto e documentato la vita quotidiana di sette predicatori che si credono i nuovi Messia. La "seconda venuta" di Gesù sulla Terra, insomma.
E abitano nel Regno Unito, in Russia, in Brasile, in Sudafrica, in Zambia, in Giappone e nelle Filippine. Alcuni sono molto seguiti e hanno fondato addirittura una loro comunità  con i loro discepoli (come il brasiliano INRI, il "prescelto" che mi ha sconvolta di più, e il russo Vissarion), altri invece sono più emarginati.
Bendiksen crede fermamente che le persone che ha intervistato e fotografato si sentano dei veri Messia e che siano stati scelti da Dio per diffondere il suo credo e per redimere l’umanità da tutti i suoi peccati. «Alcuni diffondono il loro messaggio utilizzando i social media, come Facebook e YouTube. Essi vanno in giro per il mondo ed agiscono in base alla loro convinzione. Dio gli ha parlato in qualche modo, qualunque cosa significhi, e stanno seguendo il suo esempio di Predicatore."
Davvero sconcertante.

Vissarion

INRI


La ricerca "The Fire of Ideas" del fotografo e attivista politico Marcelo Brodsky è quella che mi ha colpita di più nell'esposizione dedicata al 1968,  bellissima selezione di foto in bianco e nero di tutte le manifestazioni di quegli anni, avvenute in tutto il mondo, ma ancor più interessanti le sue aggiunte colorate di scritte, pugni e bocche evidenziate, proprio per rafforzare ancora di più i concetti e gli animi di quel periodo. Straordinario.




Oltre alla selezione ufficiale del Festival, tutta la città di Arles diventa un museo dedicato alla fotografia, sia per quanto riguarda i tantissimi manifesti sui muri (stupendo) sia per quanto riguarda esposizioni in locali e gallerie. C'erano diversi punti dedicati al "Voies Off", un'esposizione dedicata alla fotografia emergente. Purtroppo siamo riuscite a vederne pochissimi, anche perchè per riuscire a vedere davvero tutto bisognerebbe dedicarci molti più giorni, anche per poter dare la giusta attenzione a ogni progetto fotografico!
Ma c'è un artista che mi è piaciuto moltissimo, si trovava all'interno del Musèe-galerie L'atelier Gaston de Luppè (location bellissima tra l'altro) e il suo nome è Frank G. Alonso, grandi contrasti, grandi stampe, stile originale e soggetti emozionanti. Stupendo.